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I Sistemi Tariffari Integrati (STI) nel trasporto pubblico locale
(TPL) hanno cominciato a diffondersi in Europa a partire dalla seconda
metà degli anni '60, allorché lo sviluppo delle città
e la crescente necessità di spostamento da parte dei cittadini/utenti
hanno fatto emergere esigenze di razionalizzazione dei network di
trasporto, indotte dagli effetti negativi sui costi operativi legati
alla coesistenza non coordinata di modi e vettori diversi operanti
nella medesima area. Alla luce di tali aspetti di inefficienza dei
servizi di trasporto pubblico, evidentemente maggiori nelle città
di più grandi dimensioni, dove essi si sono manifestati sotto
forma di diseconomie di scala (uso di maggiori risorse senza proporzionale
espansione dell'offerta), sono stati introdotti i primi STI, quali
l'Hamburger Verkehrsverbund (HVV, 1967) e la Munchner
Verkersverbund (MVV, 1972) in Germania, la Carte Orange in
Francia (1975), il Sistema Tariffario di Vienna (1984) in
Austria, i Sistemi Tariffari di Basilea (1984), Berna
(1984), Ginevra (1987) e lo Zürcher Verkehrsverbund
(1985) in Svizzera.
Se da una parte l'introduzione di STI può essere ricondotta
a problemi di gestione inefficiente del network da parte dei singoli
vettori, cioè degli operatori del sistema, d'altro canto
non si possono trascurare i costi che l'utenza è costretta
a sopportare in assenza di integrazione. Basti pensare al disagio
provocato dai trasbordi durante uno spostamento, aggravato dalla
necessità di acquistare diversi titoli per effettuare la
relazione desiderata, ad un costo generalmente superiore a quello
da sostenere in presenza di integrazione tariffaria. Alla coesistenza
di differenti tipologie di titoli per i diversi modi e operatori
utilizzati è inoltre associato il disagio, in termini monetari,
psicologici e temporali, derivante dalle inevitabili code agli sportelli
e alle fermate dei mezzi che si generano in assenza di adeguate
forme di coordinamento inter-modale e inter-vettoriale. In sintesi,
si ritiene che in mancanza di un STI la concatenazione dei diversi
servizi possa essere vista dall'utente come un aggravio di costi
e una perdita di tempo rispetto ad un servizio 'porta a porta'.
Esiste ancora un terzo ordine di problemi che i STI potrebbero
contribuire a risolvere, ossia quelli legati agli obiettivi di politica
ambientale, finalizzati alla riduzione delle esternalità
del trasporto, quali congestione, inquinamento atmosferico e acustico,
incidenti. E' indubbio il legame esistente tra le tre tipologie
di esternalità. La congestione da traffico, ad esempio, oltre
a comportare ingenti costi monetari (maggiori costi di benzina)
e non monetari (ritardi, costi psicologici quali ansia e nervosismo,
che implicano a loro volta eventuali costi sanitari), è causa
di incidenti e di inquinamento acustico e atmosferico.
Ma cosa si intende esattamente per 'Sistema Tariffario Integrato'
e quale significato specifico ha l'attributo 'tariffario'? Si tratta
di una particolare forma contrattuale che coinvolge diversi operatori
di trasporto pubblico, grazie alla quale viene offerta all'utenza
la possibilità "di utilizzare un unico documento di
viaggio il cui prezzo non dipende dai mezzi o dai vettori utilizzati,
né dal numero di eventuali trasbordi, ma soltanto dalla 'quantità'
di trasporto acquistata". Più precisamente, l'integrazione
tariffaria è l'ultimo di tre prerequisiti essenziali alla
realizzazione di un STI:
1. integrazione infrastrutturale, che si realizza attraverso
la creazione di parcheggi, stazioni, fermate dell'autobus, ecc;
2. integrazione modale, ovvero possibilità di utilizzare
diverse tipologie di trasporto (gomma, ferro) quanto più
possibile coordinate tra loro, in modo tale che l'utente abbia la
percezione di viaggiare su di un unico mezzo;
3. integrazione tariffaria, che consiste nell'introduzione
di un unico schema tariffario valido per tutte le modalità
offerte.
Con riferimento all'ultimo punto, merita una precisazione l'attributo
'tariffario'. Affinché si possa parlare di integrazione tariffaria,
è infatti necessario che per tutte le modalità sussistano
le medesime condizioni di utilizzo di un determinato titolo (es.
se un biglietto consente di viaggiare su autobus per un tempo fino
a 60 minuti, lo stesso deve valere per treno, tram, metropolitana,
ecc.). Detto in termini pratici, il criterio utilizzato per la determinazione
delle tariffe deve essere unico e quindi indipendente dallo specifico
modo utilizzato dagli utenti.
Secondo l'opinione degli operatori di TRENITALIA S.p.A. (società
di trasporto ferroviario di passeggeri e merci costituita nel giugno
2002 dal Gruppo Ferrovie dello Stato S.p.A.), è possibile
parlare di 'vera' integrazione tariffaria soltanto quando esiste
un'unica tipologia di documenti per effettuare una determinata relazione
origine-destinazione. Qualora vengano emessi differenti tipi di
biglietti, a seconda dell'operatore, della modalità e del
tipo di servizio utilizzato (extraurbano o urbano), significa che
esistono diversi criteri di tariffazione, dunque non c'è
integrazione, almeno nel senso più stretto del termine. Partendo
da queste premesse, i responsabili dei sistemi tariffari di TRENITALIA
concludono che un STI, per essere definito tale, debba necessariamente
essere non opzionale, ovvero esclusivo, quindi non
preveda la coesistenza dei titoli emessi da ciascun operatore unitamente
ai documenti di tipo integrato.
Ragionando sempre secondo quest'ottica, sussisterebbero diverse
motivazioni per le quali tale caratteristica dei STI si rende necessaria.
La più intuitiva è legata alla comodità per
gli utenti del trasporto pubblico di possedere fisicamente un unico
titolo di viaggio, a cui va immediatamente collegato il risparmio
in termini di tempo che si genera a seguito dell'acquisto di un
documento integrato ('si fa la coda' alla biglietteria una sola
volta e non tante volte quanti sono i singoli titoli da acquistare).
Le motivazioni più profonde addotte dai responsabili di TRENITALIA
ruotano però attorno al ragionamento seguente. Dal momento
che i più avvantaggiati dall'introduzione di un STI sono
chiaramente coloro che necessitano di utilizzare molto i mezzi pubblici
(sia in termini di tempo che di modalità usufruite), e poiché,
a parità di tariffa pagata e in relazione alla quantità
di trasporto consumata, essi pagano meno rispetto agli utenti a
basso utilizzo, il minor prezzo (relativo) applicato ai primi si
trasforma automaticamente in un maggior prezzo (relativo) applicato
a coloro che fanno un uso scarso o comunque limitato del trasporto
pubblico. Il risultato è dunque un forte effetto di compensazione,
tale per cui lo sconto che di fatto viene concesso agli utenti ad
elevato utilizzo (heavy users) ricade interamente su coloro
che se ne servono poco. Qualora venisse lasciata all'utente l'opzione
di scelta tra documento integrato e titoli singoli, l'effetto di
compensazione cesserebbe di esistere e, come conseguenza, il network
molto probabilmente si troverebbe ad operare in perdita, dal momento
che il consistente sconto applicato ai passeggeri ad elevato utilizzo
non sarebbe più controbilanciato da un maggiore onere a carico
degli altri utenti. Detto in altri termini, la coesistenza di entrambe
le tipologie di titoli implicherebbe un monte introiti complessivo
inferiore alla somma dei proventi da traffico dei singoli operatori
in assenza di integrazione. Questo si verificherebbe in quanto,
dal momento che il prezzo dei titoli integrati per una certa relazione
è tipicamente minore della somma dei prezzi dei titoli singoli
richiesti per effettuare la medesima relazione, gli utenti che necessitano
di combinare diversi tipi di servizio (es. treno-bus-metropolitana)
acquisterebbero tutti i documenti integrati, mentre coloro che non
traggono benefici significativi da tali combinazioni continuerebbero
a comprare soltanto i titoli di viaggio (mono-modali) relativi al
servizio di interesse prevalente.
Diverse sono le obiezioni che si possono avanzare nei confronti
della posizione assunta dai responsabili dei sistemi tariffari di
TRENITALIA circa il modo in cui l'offerta tariffaria dovrebbe essere
articolata in presenza di integrazione. La più rilevante
di esse è che l'argomentazione sopra esposta presuppone che
il STI sia 'chiuso', caratterizzato cioè da vincolo di bilancio
in pareggio, e che dunque non ammetta perdite. Gli economisti, tuttavia,
sono generalmente concordi sul fatto che per le pubblic utilities,
tra le quali rientra anche il trasporto pubblico, l'obbligo di universalità
del servizio (che in questo caso si traduce in diritto alla mobilità
individuale) rende gli obiettivi di bilancio meno stringenti e introduce
il ricorso a meccanismi di sussidiazione degli operatori da parte
delle autorità regolatrici, al fine di coprire le eventuali
perdite che si generano a seguito della fornitura del servizio anche
agli utenti non remunerativi.
Una seconda critica al principio di esclusività di un STI
riguarda gli effetti negativi sui proventi da traffico che, sulla
base dell'argomentazione sopra esposta, si genererebbero in presenza
di opzione di scelta tra documenti integrati e titoli singoli. Il
ragionamento non considera infatti la possibilità che le
eventuali perdite generate dall'acquisto di titoli integrati 'scontati'
da parte degli heavy users vengano compensate da ricavi addizionali
derivanti dall'attrazione nel STI di nuovi passeggeri. In
tale circostanza, come sottolineato da Fitzroy e Smith (1999) nel
loro studio sui sistemi di trasporto pubblico delle principali città
svizzere, l'introduzione di un STI (con opzione di scelta) non si
traduce necessariamente in una riduzione del monte introiti complessivo.
Un'ultima obiezione è riconducibile alla teoria microeconomica
della discriminazione di prezzo di secondo grado, che corrisponde
ad una situazione in cui un'impresa vende unità diverse di
un certo bene (qui i servizi di trasporto) a prezzi diversi, ma
ogni consumatore che acquisti la stessa quantità paga il
medesimo prezzo. In questo caso l'impresa, pur sapendo che esistono
gruppi di consumatori differenti, non è in grado di riconoscerli
e cerca quindi di appropriarsi del loro surplus praticando un sistema
tariffario in grado di autoselezionare i consumatori. Più
precisamente, affinché sia soddisfatto il vincolo dell'arbitraggio
personale - che consiste nell'impedire che gli heavy users scelgano
l'opzione di consumo destinata agli utenti a bassa domanda (titoli
non integrati) - l'impresa offre un consumo relativamente basso
agli utenti con domanda ridotta in modo tale che quelli con domanda
elevata siano meno tentati di acquistare la combinazione non destinata
a loro. In linea con questa argomentazione teorica, al consumatore
deve essere quindi lasciata la possibilità di scegliere se
acquistare il singolo servizio o il pacchetto integrato, strutturando
le tariffe in modo da creare un adeguato sistema di incentivi.
Una giustificazione plausibile al vincolo di esclusività
di un STI può essere ricollegata all'obiettivo di incentivare
la collettività all'utilizzo dei mezzi pubblici in sostituzione
dei veicoli privati, con conseguenti benefici in termini di incremento
dei ricavi da traffico, sfruttamento delle economie da densità
della rete (network density economies) e riduzione dei costi
esterni del trasporto. Infatti, proprio in virtù del meccanismo
di compensazione in base al quale l'utente a bassa domanda sovvenziona
di fatto lo sconto applicato all'heavy user, il primo dei
due sarà incentivato a sfruttare quanto più possibile
il titolo integrato, al fine di 'ammortizzare' maggiormente la spesa
sostenuta. Merita evidenziare che il tema dell'integrazione tariffaria
quale fattore potenziale di attrattività del sistema di trasporto
pubblico, oltre ad avere ricevuto forte attenzione da parte degli
operatori del settore, è stato anche argomento di dibattito
in alcuni studi della letteratura economica, tra i quali Doxsey
(1984), White (1985) e Fitzroy e Smith (1999). I primi due autori,
in particolare, esprimono opinioni discordanti in merito agli effetti
sul livello dei proventi da traffico indotti dall'introduzione di
un STI di tipo opzionale. Sulla base di argomentazioni teoriche,
supportate dall'evidenza ottenuta da un modello econometrico di
scelta individuale del titolo di viaggio (singolo versus
integrato), Doxey (1984) sostiene infatti che l'offerta di biglietti
integrati (travelcards) comporta il conseguimento di minori
ricavi da parte degli operatori. Tale risultato deriverebbe dalla
combinazione di due fattori: la sostanziale rigidità della
domanda di trasporto pubblico rispetto al prezzo e il fatto che
esistono diverse categorie di utenti, ciascuna caratterizzata da
una domanda più o meno elevata di trasporto pubblico per
ogni livello tariffario. Considerato che gli heavy users
rappresentano la maggioranza dell'utenza e pagano una tariffa che
è inferiore alla somma dei prezzi che avrebbero dovuto corrispondere
per l'acquisto dei singoli titoli, ne consegue una relazione inversa
tra numero di travelcards vendute e livello complessivo del
monte ricavi.
In un articolo di commento a Doxey, White (1985) fornisce un punto
di vista alternativo riguardo a queste problematiche connesse all'introduzione
di titoli integrati. L'autore argomenta infatti che l'integrazione
modale e tariffaria può portare a incrementi significativi
dell'utenza del trasporto pubblico e, per questa via, permette di
innalzare i ricavi da traffico. L'obiettivo è raggiungibile
attraverso l'applicazione iniziale di tariffe integrate fortemente
scontate, in modo tale da incentivare il passaggio dalla modalità
di trasporto privato ai mezzi pubblici; il prezzo dei titoli può
quindi essere aumentato in una fase successiva, quando l'utenza
ha preso coscienza dei vantaggi associati al STI e il suo utilizzo
si è radicato nelle abitudini dei consumatori. Il messaggio
centrale del suo pensiero è che non si possono pretendere
risultati positivi nel breve termine: occorre investire molto sulle
capacità potenziali di attrazione di nuova utenza del STI,
sopportando eventuali perdite all'inizio, al fine di ottenere cospicui
incrementi dei proventi negli anni a seguire. Come accennato sopra,
una linea interpretativa simile emerge anche dallo studio condotto
da Fitzroy e Smith (1999) sui STI introdotti in Svizzera a partire
dalla metà degli anni '80. Gli autori, attraverso la stima
di un modello econometrico di domanda di trasporto pubblico, evidenziano
l'impatto positivo sull'utenza generato dall'introduzione di titoli
integrati scontati, con incrementi variabili da +1% a +26% a seconda
della città e del tipo di 'innovazione' tariffaria. Per quanto
riguarda le conseguenze sui ricavi, essi appoggiano l'argomentazione
secondo cui l'adozione di STI non porta necessariamente ad un peggioramento
del deficit di bilancio; al contrario, in alcune realtà svizzere
(Berna e Zurigo) i ricavi da traffico sembrano avere registrato
un trend crescente, mentre per altre dove lo sconto applicato è
stato più consistente (Basilea e Ginevra) l'andamento di
proventi post integrazione risulterebbe in linea con quanto argomentato
da White (1985), ovvero caratterizzato da uno shock negativo iniziale
seguito da una buona ripresa nei periodi successivi.
Nel quadro dei riferimenti teorici e degli aspetti operativi tracciato
sopra, questo studio si propone di fornire una panoramica completa
delle esperienze di integrazione tariffaria nel TPL in Italia. Complessivamente,
sono stati analizzati 41 STI presenti in 15 regioni. La descrizione
si basa su una raccolta di informazioni di tipo tecnico ed economico
ottenute attraverso interviste effettuate presso alcuni degli operatori
di trasporto aderenti ai diversi accordi di integrazione. La rassegna
è organizzata in 15 sezioni, una per ciascun'area territoriale
regionale; ogni sezione è a sua volta strutturata in paragrafi,
nei quali vengono descritti i diversi sistemi di integrazione tariffaria
presenti in una data regione. A chiusura del lavoro segue una sezione
intitolata "Commenti di sintesi", in cui vengono presentate
alcune tabelle che riassumono le caratteristiche distintive delle
varie realtà esaminate, operando un confronto orizzontale
fra di esse e formulando alcune considerazioni generali sul grado
di evoluzione dei nostri STI e sulle possibili direzioni in cui
muoversi negli anni a venire.
Oltre alle informazioni di base, quali gli operatori partecipanti,
le modalità offerte e l'evoluzione storica del STI, si è
cercato di evidenziare i principali fattori tecnico-economici che
caratterizzano ciascuna integrazione, ovvero: [1] struttura ed
estensione territoriale del network; [2] articolazione delle
tariffe; [3] modalità di ripartizione dei proventi.
Per quanto concerne il primo aspetto, viene innanzitutto specificata
la validità territoriale del sistema di integrazione
tariffaria, esistendo network integrati limitati alla sola area
comunale (es. STI BIGLIETTO URBANO di Genova, GIRANAPOLI di Napoli,
METRÒBUS di Palermo), altri che comprendono il territorio
provinciale (es. STI delle Provincie di Lecco e Trento, BIN-BUS
di Cosenza) e altri ancora i cui confini si estendono a più
provincie (es. STI FORMULA di Torino, SITAM di Milano, UNICO di
Napoli) o all'intera regione (es. STI METREBUS del Lazio). Si distingue
inoltre tra sistemi articolati in zone - che possono essere
concentriche (es. STI FORMULA, SITAM, METREBUS) o sviluppate lungo
una direttrice principale (es. STI Provincia di Trento, Linea Modena-Carpi-Rolo,
Linea Treviso-Portogruaro) - e sistemi di tipo chilometrico
(es. STI delle Provincie di Bolzano e Lecco, TRENOMARCHEBUS di Ancona),
con differenze che rilevano ai fini della determinazione delle tariffe.
Un ultimo importante fattore che caratterizza la struttura dei network
integrati riguarda la gamma dei servizi offerti, che possono essere
sostitutivi - nei casi in cui l'utente possa scegliere tra
varie combinazioni vettoriali e/o inter-modali per percorrere la
relazione desiderata (integrazioni 'in parallelo'), oppure complementari
- qualora le diverse combinazioni ferro-gomma e/o tra vettori non
siano tra loro alternative (integrazioni 'in serie').
Con riferimento all'articolazione delle tariffe, vengono
trattati sia gli aspetti di tipo 'orizzontale', sia quelli di tipo
'verticale' (Covi e Castelli, 2002). I primi riguardano la varietà
di titoli di viaggio offerta, in relazione alla validità
temporale (es. biglietto di corsa semplice, abbonamenti settimanali
e mensili), alla trasferibilità interpersonale (es. abbonamenti
non nominativi per famiglie o aziende) e alla discriminazione per
categorie di utenti (es. tariffe agevolate per anziani, studenti
e militari). Si parla invece di articolazione 'verticale' delle
tariffe quando si analizza la modalità secondo cui i prezzi
dei titoli si modificano in relazione alla 'quantità' di
servizio di trasporto acquistata. In tale contesto, si definisce
flat ('piatta') una tariffa che non subisce variazioni a
seconda della distanza percorsa; essa è applicata in molte
aree urbane dei STI descritti in questo studio. Per gli spostamenti
su percorsi più lunghi, tipicamente quelli da/verso le aree
suburbane ed extraurbane, il prezzo dei titoli generalmente aumenta
al variare di grandezze quali il numero di zone attraversate
o i chilometri percorsi, a seconda di come il network è
strutturato. Se l'architettura del STI si basa sulla suddivisione
dell'area integrata in diverse zone, la tariffa cresce all'aumentare
del numero di zone acquistate, di solito in misura meno che proporzionale
(es. STI FORMULA), al fine di compensare gli utenti più 'lontani'
del disagio causato dalle maggiori distanze da percorrere; una peculiarità
che contraddistingue questa struttura tariffaria è la possibilità
di spostarsi, sia all'interno di ciascuna zona che tra le diverse
zone acquistate, senza alcun vincolo sulla lunghezza dei percorsi.
Quando, invece, il network integrato è costruito su base
chilometrica, la tariffa è direttamente collegata alla lunghezza
dei tragitti e viene calcolata facendo riferimento ai chilometri
effettivi percorsi (es. STI Provincia di Bolzano) o, come più
spesso accade, a degli scaglioni chilometrici. Nei casi in cui l'aumento
del prezzo dei titoli è costante al crescere delle distanze
percorse si parla di tariffa chilometrica lineare; qualora,
invece, gli incrementi di prezzo si riducano progressivamente con
l'aumento dei chilometri percorsi allora la tariffa applicata è
di tipo digressivo.
L'ultimo importante punto su cui si è focalizzata l'attenzione
nella descrizione di ciascun STI riguarda la ripartizione dei
proventi da traffico tra i diversi operatori aderenti all'accordo
di integrazione tariffaria. Nella sezione conclusiva dello studio
si accennerà alla particolare rilevanza che questo aspetto
riveste nel quadro della regolazione concorrenziale dei sistemi
di TPL, prevista dalla recente riforma del settore in corso di attuazione
(L. 549/95, D. Lgs 422/97 e 400/99). A livello teorico, la suddivisione
del monte introiti può avvenire: [1] in relazione all'offerta
di trasporto di ogni operatore (di solito quantificata in termini
di vetture-km o di posti-km); [2] sulla base dell'utenza
servita (usualmente definita in termini di passeggeri-km), effettiva
o stimata attraverso indagini campionarie o puntuali; [3] mediante
un criterio fisso deciso 'a tavolino', in cui, spesso, le
percentuali di competenza vengono determinate facendo riferimento
ai ricavi storici di ciascun gestore. Nella pratica, come vedremo,
si ricorre anche a meccanismi di ripartizione cosiddetti 'misti'
che combinano i tre criteri illustrati.
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