Research Documents

November, 2003 Esperienze di integrazione tariffaria nel trasporto pubblico locale in Italia
authors

Massimiliano PIACENZA
Ceris-CNR, HERMES

Chiara CARPANI
Università del Piemonte Orientale, HERMES

 

I Sistemi Tariffari Integrati (STI) nel trasporto pubblico locale (TPL) hanno cominciato a diffondersi in Europa a partire dalla seconda metà degli anni '60, allorché lo sviluppo delle città e la crescente necessità di spostamento da parte dei cittadini/utenti hanno fatto emergere esigenze di razionalizzazione dei network di trasporto, indotte dagli effetti negativi sui costi operativi legati alla coesistenza non coordinata di modi e vettori diversi operanti nella medesima area. Alla luce di tali aspetti di inefficienza dei servizi di trasporto pubblico, evidentemente maggiori nelle città di più grandi dimensioni, dove essi si sono manifestati sotto forma di diseconomie di scala (uso di maggiori risorse senza proporzionale espansione dell'offerta), sono stati introdotti i primi STI, quali l'Hamburger Verkehrsverbund (HVV, 1967) e la Munchner Verkersverbund (MVV, 1972) in Germania, la Carte Orange in Francia (1975), il Sistema Tariffario di Vienna (1984) in Austria, i Sistemi Tariffari di Basilea (1984), Berna (1984), Ginevra (1987) e lo Zürcher Verkehrsverbund (1985) in Svizzera.

Se da una parte l'introduzione di STI può essere ricondotta a problemi di gestione inefficiente del network da parte dei singoli vettori, cioè degli operatori del sistema, d'altro canto non si possono trascurare i costi che l'utenza è costretta a sopportare in assenza di integrazione. Basti pensare al disagio provocato dai trasbordi durante uno spostamento, aggravato dalla necessità di acquistare diversi titoli per effettuare la relazione desiderata, ad un costo generalmente superiore a quello da sostenere in presenza di integrazione tariffaria. Alla coesistenza di differenti tipologie di titoli per i diversi modi e operatori utilizzati è inoltre associato il disagio, in termini monetari, psicologici e temporali, derivante dalle inevitabili code agli sportelli e alle fermate dei mezzi che si generano in assenza di adeguate forme di coordinamento inter-modale e inter-vettoriale. In sintesi, si ritiene che in mancanza di un STI la concatenazione dei diversi servizi possa essere vista dall'utente come un aggravio di costi e una perdita di tempo rispetto ad un servizio 'porta a porta'.

Esiste ancora un terzo ordine di problemi che i STI potrebbero contribuire a risolvere, ossia quelli legati agli obiettivi di politica ambientale, finalizzati alla riduzione delle esternalità del trasporto, quali congestione, inquinamento atmosferico e acustico, incidenti. E' indubbio il legame esistente tra le tre tipologie di esternalità. La congestione da traffico, ad esempio, oltre a comportare ingenti costi monetari (maggiori costi di benzina) e non monetari (ritardi, costi psicologici quali ansia e nervosismo, che implicano a loro volta eventuali costi sanitari), è causa di incidenti e di inquinamento acustico e atmosferico.

Ma cosa si intende esattamente per 'Sistema Tariffario Integrato' e quale significato specifico ha l'attributo 'tariffario'? Si tratta di una particolare forma contrattuale che coinvolge diversi operatori di trasporto pubblico, grazie alla quale viene offerta all'utenza la possibilità "di utilizzare un unico documento di viaggio il cui prezzo non dipende dai mezzi o dai vettori utilizzati, né dal numero di eventuali trasbordi, ma soltanto dalla 'quantità' di trasporto acquistata". Più precisamente, l'integrazione tariffaria è l'ultimo di tre prerequisiti essenziali alla realizzazione di un STI:
1. integrazione infrastrutturale, che si realizza attraverso la creazione di parcheggi, stazioni, fermate dell'autobus, ecc;
2. integrazione modale, ovvero possibilità di utilizzare diverse tipologie di trasporto (gomma, ferro) quanto più possibile coordinate tra loro, in modo tale che l'utente abbia la percezione di viaggiare su di un unico mezzo;
3. integrazione tariffaria, che consiste nell'introduzione di un unico schema tariffario valido per tutte le modalità offerte.

Con riferimento all'ultimo punto, merita una precisazione l'attributo 'tariffario'. Affinché si possa parlare di integrazione tariffaria, è infatti necessario che per tutte le modalità sussistano le medesime condizioni di utilizzo di un determinato titolo (es. se un biglietto consente di viaggiare su autobus per un tempo fino a 60 minuti, lo stesso deve valere per treno, tram, metropolitana, ecc.). Detto in termini pratici, il criterio utilizzato per la determinazione delle tariffe deve essere unico e quindi indipendente dallo specifico modo utilizzato dagli utenti.

Secondo l'opinione degli operatori di TRENITALIA S.p.A. (società di trasporto ferroviario di passeggeri e merci costituita nel giugno 2002 dal Gruppo Ferrovie dello Stato S.p.A.), è possibile parlare di 'vera' integrazione tariffaria soltanto quando esiste un'unica tipologia di documenti per effettuare una determinata relazione origine-destinazione. Qualora vengano emessi differenti tipi di biglietti, a seconda dell'operatore, della modalità e del tipo di servizio utilizzato (extraurbano o urbano), significa che esistono diversi criteri di tariffazione, dunque non c'è integrazione, almeno nel senso più stretto del termine. Partendo da queste premesse, i responsabili dei sistemi tariffari di TRENITALIA concludono che un STI, per essere definito tale, debba necessariamente essere non opzionale, ovvero esclusivo, quindi non preveda la coesistenza dei titoli emessi da ciascun operatore unitamente ai documenti di tipo integrato.

Ragionando sempre secondo quest'ottica, sussisterebbero diverse motivazioni per le quali tale caratteristica dei STI si rende necessaria. La più intuitiva è legata alla comodità per gli utenti del trasporto pubblico di possedere fisicamente un unico titolo di viaggio, a cui va immediatamente collegato il risparmio in termini di tempo che si genera a seguito dell'acquisto di un documento integrato ('si fa la coda' alla biglietteria una sola volta e non tante volte quanti sono i singoli titoli da acquistare). Le motivazioni più profonde addotte dai responsabili di TRENITALIA ruotano però attorno al ragionamento seguente. Dal momento che i più avvantaggiati dall'introduzione di un STI sono chiaramente coloro che necessitano di utilizzare molto i mezzi pubblici (sia in termini di tempo che di modalità usufruite), e poiché, a parità di tariffa pagata e in relazione alla quantità di trasporto consumata, essi pagano meno rispetto agli utenti a basso utilizzo, il minor prezzo (relativo) applicato ai primi si trasforma automaticamente in un maggior prezzo (relativo) applicato a coloro che fanno un uso scarso o comunque limitato del trasporto pubblico. Il risultato è dunque un forte effetto di compensazione, tale per cui lo sconto che di fatto viene concesso agli utenti ad elevato utilizzo (heavy users) ricade interamente su coloro che se ne servono poco. Qualora venisse lasciata all'utente l'opzione di scelta tra documento integrato e titoli singoli, l'effetto di compensazione cesserebbe di esistere e, come conseguenza, il network molto probabilmente si troverebbe ad operare in perdita, dal momento che il consistente sconto applicato ai passeggeri ad elevato utilizzo non sarebbe più controbilanciato da un maggiore onere a carico degli altri utenti. Detto in altri termini, la coesistenza di entrambe le tipologie di titoli implicherebbe un monte introiti complessivo inferiore alla somma dei proventi da traffico dei singoli operatori in assenza di integrazione. Questo si verificherebbe in quanto, dal momento che il prezzo dei titoli integrati per una certa relazione è tipicamente minore della somma dei prezzi dei titoli singoli richiesti per effettuare la medesima relazione, gli utenti che necessitano di combinare diversi tipi di servizio (es. treno-bus-metropolitana) acquisterebbero tutti i documenti integrati, mentre coloro che non traggono benefici significativi da tali combinazioni continuerebbero a comprare soltanto i titoli di viaggio (mono-modali) relativi al servizio di interesse prevalente.

Diverse sono le obiezioni che si possono avanzare nei confronti della posizione assunta dai responsabili dei sistemi tariffari di TRENITALIA circa il modo in cui l'offerta tariffaria dovrebbe essere articolata in presenza di integrazione. La più rilevante di esse è che l'argomentazione sopra esposta presuppone che il STI sia 'chiuso', caratterizzato cioè da vincolo di bilancio in pareggio, e che dunque non ammetta perdite. Gli economisti, tuttavia, sono generalmente concordi sul fatto che per le pubblic utilities, tra le quali rientra anche il trasporto pubblico, l'obbligo di universalità del servizio (che in questo caso si traduce in diritto alla mobilità individuale) rende gli obiettivi di bilancio meno stringenti e introduce il ricorso a meccanismi di sussidiazione degli operatori da parte delle autorità regolatrici, al fine di coprire le eventuali perdite che si generano a seguito della fornitura del servizio anche agli utenti non remunerativi.

Una seconda critica al principio di esclusività di un STI riguarda gli effetti negativi sui proventi da traffico che, sulla base dell'argomentazione sopra esposta, si genererebbero in presenza di opzione di scelta tra documenti integrati e titoli singoli. Il ragionamento non considera infatti la possibilità che le eventuali perdite generate dall'acquisto di titoli integrati 'scontati' da parte degli heavy users vengano compensate da ricavi addizionali derivanti dall'attrazione nel STI di nuovi passeggeri. In tale circostanza, come sottolineato da Fitzroy e Smith (1999) nel loro studio sui sistemi di trasporto pubblico delle principali città svizzere, l'introduzione di un STI (con opzione di scelta) non si traduce necessariamente in una riduzione del monte introiti complessivo.

Un'ultima obiezione è riconducibile alla teoria microeconomica della discriminazione di prezzo di secondo grado, che corrisponde ad una situazione in cui un'impresa vende unità diverse di un certo bene (qui i servizi di trasporto) a prezzi diversi, ma ogni consumatore che acquisti la stessa quantità paga il medesimo prezzo. In questo caso l'impresa, pur sapendo che esistono gruppi di consumatori differenti, non è in grado di riconoscerli e cerca quindi di appropriarsi del loro surplus praticando un sistema tariffario in grado di autoselezionare i consumatori. Più precisamente, affinché sia soddisfatto il vincolo dell'arbitraggio personale - che consiste nell'impedire che gli heavy users scelgano l'opzione di consumo destinata agli utenti a bassa domanda (titoli non integrati) - l'impresa offre un consumo relativamente basso agli utenti con domanda ridotta in modo tale che quelli con domanda elevata siano meno tentati di acquistare la combinazione non destinata a loro. In linea con questa argomentazione teorica, al consumatore deve essere quindi lasciata la possibilità di scegliere se acquistare il singolo servizio o il pacchetto integrato, strutturando le tariffe in modo da creare un adeguato sistema di incentivi.

Una giustificazione plausibile al vincolo di esclusività di un STI può essere ricollegata all'obiettivo di incentivare la collettività all'utilizzo dei mezzi pubblici in sostituzione dei veicoli privati, con conseguenti benefici in termini di incremento dei ricavi da traffico, sfruttamento delle economie da densità della rete (network density economies) e riduzione dei costi esterni del trasporto. Infatti, proprio in virtù del meccanismo di compensazione in base al quale l'utente a bassa domanda sovvenziona di fatto lo sconto applicato all'heavy user, il primo dei due sarà incentivato a sfruttare quanto più possibile il titolo integrato, al fine di 'ammortizzare' maggiormente la spesa sostenuta. Merita evidenziare che il tema dell'integrazione tariffaria quale fattore potenziale di attrattività del sistema di trasporto pubblico, oltre ad avere ricevuto forte attenzione da parte degli operatori del settore, è stato anche argomento di dibattito in alcuni studi della letteratura economica, tra i quali Doxsey (1984), White (1985) e Fitzroy e Smith (1999). I primi due autori, in particolare, esprimono opinioni discordanti in merito agli effetti sul livello dei proventi da traffico indotti dall'introduzione di un STI di tipo opzionale. Sulla base di argomentazioni teoriche, supportate dall'evidenza ottenuta da un modello econometrico di scelta individuale del titolo di viaggio (singolo versus integrato), Doxey (1984) sostiene infatti che l'offerta di biglietti integrati (travelcards) comporta il conseguimento di minori ricavi da parte degli operatori. Tale risultato deriverebbe dalla combinazione di due fattori: la sostanziale rigidità della domanda di trasporto pubblico rispetto al prezzo e il fatto che esistono diverse categorie di utenti, ciascuna caratterizzata da una domanda più o meno elevata di trasporto pubblico per ogni livello tariffario. Considerato che gli heavy users rappresentano la maggioranza dell'utenza e pagano una tariffa che è inferiore alla somma dei prezzi che avrebbero dovuto corrispondere per l'acquisto dei singoli titoli, ne consegue una relazione inversa tra numero di travelcards vendute e livello complessivo del monte ricavi.

In un articolo di commento a Doxey, White (1985) fornisce un punto di vista alternativo riguardo a queste problematiche connesse all'introduzione di titoli integrati. L'autore argomenta infatti che l'integrazione modale e tariffaria può portare a incrementi significativi dell'utenza del trasporto pubblico e, per questa via, permette di innalzare i ricavi da traffico. L'obiettivo è raggiungibile attraverso l'applicazione iniziale di tariffe integrate fortemente scontate, in modo tale da incentivare il passaggio dalla modalità di trasporto privato ai mezzi pubblici; il prezzo dei titoli può quindi essere aumentato in una fase successiva, quando l'utenza ha preso coscienza dei vantaggi associati al STI e il suo utilizzo si è radicato nelle abitudini dei consumatori. Il messaggio centrale del suo pensiero è che non si possono pretendere risultati positivi nel breve termine: occorre investire molto sulle capacità potenziali di attrazione di nuova utenza del STI, sopportando eventuali perdite all'inizio, al fine di ottenere cospicui incrementi dei proventi negli anni a seguire. Come accennato sopra, una linea interpretativa simile emerge anche dallo studio condotto da Fitzroy e Smith (1999) sui STI introdotti in Svizzera a partire dalla metà degli anni '80. Gli autori, attraverso la stima di un modello econometrico di domanda di trasporto pubblico, evidenziano l'impatto positivo sull'utenza generato dall'introduzione di titoli integrati scontati, con incrementi variabili da +1% a +26% a seconda della città e del tipo di 'innovazione' tariffaria. Per quanto riguarda le conseguenze sui ricavi, essi appoggiano l'argomentazione secondo cui l'adozione di STI non porta necessariamente ad un peggioramento del deficit di bilancio; al contrario, in alcune realtà svizzere (Berna e Zurigo) i ricavi da traffico sembrano avere registrato un trend crescente, mentre per altre dove lo sconto applicato è stato più consistente (Basilea e Ginevra) l'andamento di proventi post integrazione risulterebbe in linea con quanto argomentato da White (1985), ovvero caratterizzato da uno shock negativo iniziale seguito da una buona ripresa nei periodi successivi.

Nel quadro dei riferimenti teorici e degli aspetti operativi tracciato sopra, questo studio si propone di fornire una panoramica completa delle esperienze di integrazione tariffaria nel TPL in Italia. Complessivamente, sono stati analizzati 41 STI presenti in 15 regioni. La descrizione si basa su una raccolta di informazioni di tipo tecnico ed economico ottenute attraverso interviste effettuate presso alcuni degli operatori di trasporto aderenti ai diversi accordi di integrazione. La rassegna è organizzata in 15 sezioni, una per ciascun'area territoriale regionale; ogni sezione è a sua volta strutturata in paragrafi, nei quali vengono descritti i diversi sistemi di integrazione tariffaria presenti in una data regione. A chiusura del lavoro segue una sezione intitolata "Commenti di sintesi", in cui vengono presentate alcune tabelle che riassumono le caratteristiche distintive delle varie realtà esaminate, operando un confronto orizzontale fra di esse e formulando alcune considerazioni generali sul grado di evoluzione dei nostri STI e sulle possibili direzioni in cui muoversi negli anni a venire.

Oltre alle informazioni di base, quali gli operatori partecipanti, le modalità offerte e l'evoluzione storica del STI, si è cercato di evidenziare i principali fattori tecnico-economici che caratterizzano ciascuna integrazione, ovvero: [1] struttura ed estensione territoriale del network; [2] articolazione delle tariffe; [3] modalità di ripartizione dei proventi. Per quanto concerne il primo aspetto, viene innanzitutto specificata la validità territoriale del sistema di integrazione tariffaria, esistendo network integrati limitati alla sola area comunale (es. STI BIGLIETTO URBANO di Genova, GIRANAPOLI di Napoli, METRÒBUS di Palermo), altri che comprendono il territorio provinciale (es. STI delle Provincie di Lecco e Trento, BIN-BUS di Cosenza) e altri ancora i cui confini si estendono a più provincie (es. STI FORMULA di Torino, SITAM di Milano, UNICO di Napoli) o all'intera regione (es. STI METREBUS del Lazio). Si distingue inoltre tra sistemi articolati in zone - che possono essere concentriche (es. STI FORMULA, SITAM, METREBUS) o sviluppate lungo una direttrice principale (es. STI Provincia di Trento, Linea Modena-Carpi-Rolo, Linea Treviso-Portogruaro) - e sistemi di tipo chilometrico (es. STI delle Provincie di Bolzano e Lecco, TRENOMARCHEBUS di Ancona), con differenze che rilevano ai fini della determinazione delle tariffe. Un ultimo importante fattore che caratterizza la struttura dei network integrati riguarda la gamma dei servizi offerti, che possono essere sostitutivi - nei casi in cui l'utente possa scegliere tra varie combinazioni vettoriali e/o inter-modali per percorrere la relazione desiderata (integrazioni 'in parallelo'), oppure complementari - qualora le diverse combinazioni ferro-gomma e/o tra vettori non siano tra loro alternative (integrazioni 'in serie').

Con riferimento all'articolazione delle tariffe, vengono trattati sia gli aspetti di tipo 'orizzontale', sia quelli di tipo 'verticale' (Covi e Castelli, 2002). I primi riguardano la varietà di titoli di viaggio offerta, in relazione alla validità temporale (es. biglietto di corsa semplice, abbonamenti settimanali e mensili), alla trasferibilità interpersonale (es. abbonamenti non nominativi per famiglie o aziende) e alla discriminazione per categorie di utenti (es. tariffe agevolate per anziani, studenti e militari). Si parla invece di articolazione 'verticale' delle tariffe quando si analizza la modalità secondo cui i prezzi dei titoli si modificano in relazione alla 'quantità' di servizio di trasporto acquistata. In tale contesto, si definisce flat ('piatta') una tariffa che non subisce variazioni a seconda della distanza percorsa; essa è applicata in molte aree urbane dei STI descritti in questo studio. Per gli spostamenti su percorsi più lunghi, tipicamente quelli da/verso le aree suburbane ed extraurbane, il prezzo dei titoli generalmente aumenta al variare di grandezze quali il numero di zone attraversate o i chilometri percorsi, a seconda di come il network è strutturato. Se l'architettura del STI si basa sulla suddivisione dell'area integrata in diverse zone, la tariffa cresce all'aumentare del numero di zone acquistate, di solito in misura meno che proporzionale (es. STI FORMULA), al fine di compensare gli utenti più 'lontani' del disagio causato dalle maggiori distanze da percorrere; una peculiarità che contraddistingue questa struttura tariffaria è la possibilità di spostarsi, sia all'interno di ciascuna zona che tra le diverse zone acquistate, senza alcun vincolo sulla lunghezza dei percorsi. Quando, invece, il network integrato è costruito su base chilometrica, la tariffa è direttamente collegata alla lunghezza dei tragitti e viene calcolata facendo riferimento ai chilometri effettivi percorsi (es. STI Provincia di Bolzano) o, come più spesso accade, a degli scaglioni chilometrici. Nei casi in cui l'aumento del prezzo dei titoli è costante al crescere delle distanze percorse si parla di tariffa chilometrica lineare; qualora, invece, gli incrementi di prezzo si riducano progressivamente con l'aumento dei chilometri percorsi allora la tariffa applicata è di tipo digressivo.

L'ultimo importante punto su cui si è focalizzata l'attenzione nella descrizione di ciascun STI riguarda la ripartizione dei proventi da traffico tra i diversi operatori aderenti all'accordo di integrazione tariffaria. Nella sezione conclusiva dello studio si accennerà alla particolare rilevanza che questo aspetto riveste nel quadro della regolazione concorrenziale dei sistemi di TPL, prevista dalla recente riforma del settore in corso di attuazione (L. 549/95, D. Lgs 422/97 e 400/99). A livello teorico, la suddivisione del monte introiti può avvenire: [1] in relazione all'offerta di trasporto di ogni operatore (di solito quantificata in termini di vetture-km o di posti-km); [2] sulla base dell'utenza servita (usualmente definita in termini di passeggeri-km), effettiva o stimata attraverso indagini campionarie o puntuali; [3] mediante un criterio fisso deciso 'a tavolino', in cui, spesso, le percentuali di competenza vengono determinate facendo riferimento ai ricavi storici di ciascun gestore. Nella pratica, come vedremo, si ricorre anche a meccanismi di ripartizione cosiddetti 'misti' che combinano i tre criteri illustrati.


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